LA CARITA’ CONIUGALE
Dalla Parola di Dio
L’angelo disse a Giuseppe: Non temere di prendere Maria tua moglie…” (Mt 1,20)
Il padre e la madre di Gesù erano ammirati delle cose che si dicevano di lui”; e dopo il ritrovamento, quando Maria gli fa l’amabile rimprovero: “Ecco, perché ci hai fatto questo? Tuo padre ed io addolorati ti cercavamo” (Lc 2,33ss.)
Serm., 51,13,21
Non è quindi vero che Giuseppe non fosse padre per il fatto che non si unì nell’amplesso carnale con la Madre del Signore, come se a costituire moglie una donna fosse la passione carnale e non la carità coniugale. La Santità vostra ascolti attentamente. Di lì a pochi anni l’Apostolo di Cristo nella Chiesa avrebbe detto: Bisogna ormai che perfino coloro che hanno moglie vivano come se non l’avessero. Sappiamo inoltre che molti nostri fratelli, i quali producono frutti in virtù della grazia, per seguire Cristo si astengono di mutuo consenso dai rapporti carnali senza venir meno alla vicendevole carità coniugale. Quanto più vien repressa la concupiscenza, tanto più si rafforza la carità. I coniugi che vivono in questo modo, non cercando a vicenda il frutto della carne, non esigendo l’uno dall’altro il debito della concupiscenza corporale, cessano forse d’essere coniugi? Pur tuttavia la moglie è sottomessa al marito, poiché così è giusto, ed è tanto più sottomessa quanto più è casta; il marito a sua volta ama veramente la moglie con onore e santità, come sta scritto, considerandola coerede della grazia, come il Cristo – è detto ha amato la Chiesa. Se dunque v’è l’unione matrimoniale, se c’è il matrimonio, se non è vero che non c’è il matrimonio per il fatto che non si compie ciò che si può fare, sebbene in modo illecito, con una persona che non è il proprio coniuge, volesse il cielo che tutti fossero in grado di vivere così; molti non ci riescono. Non separino quindi coloro che ci riescono, così da negare che o l’uno sia marito o l’altra sia moglie perché non si uniscono nella carne, mentre invece sono congiunti nel cuore.
Leggendo questo testo di Agostino, la prima impressione che suscita è quella di un andare oltre ciò che è semplicemente “carnale” e “passionale”, e non perché per lui non sia importante l’unione dei sessi, tanto è vero che uno dei beni del matrimonio che evidenzia nel suo insegnamento sul matrimonio è proprio quello della prole, ma è più forte quel vincolo che lega i coniugi con amorosa concordia, come afferma nel libro primo dell’opera Le nozze e la concupiscenza (1,11,12). Chi ha letto testi come questo o simili, ha accusato Agostino di “sessuofobia” e “misoginia”, ma quando si studia questo autore nella sua parzialità, questi possono essere i rischi e anche maggiori. Togliere le singole frasi dal contesto, soprattutto in questa materia della vita coniugale e familiare, fa incorrere in grossi “abbagli”.
E’ evidente il desiderio del Vescovo di Ippona di sottolineare quanto sia importante la carità nel progetto matrimoniale. A volte si pensa che l’uomo può essere davvero felice se ricerca follemente la passione carnale e non pochi sono gli specialisti che danno queste indicazioni come “terapia” per superare tanti problemi personali e di coppia. Nemmeno la nascita di un figlio può essere un aiuto per superare le problematiche di coppia, quando manca l’amore. Non sono gli abbracci voluttuosi dei corpi, come afferma sempre il nostro autore, a garantire l’armonia, ma gli slanci volontari degli animi.
Questo stile di vita di coppia, trova un grande modello in quella coppia anomala di Maria e Giuseppe. Infatti l’angelo quando si rivolge a Giuseppe gli dice: Non temere di accogliere Maria tua sposa. Viene chiamata sposa colei che Giuseppe non aveva “conosciuto” e non “conoscerà” mai. E il titolo di “sposa” non è venuto meno perché i due non hanno avuto un’unione carnale. E Agostino dice ancora, sempre nel testo citato sopra: Il motivo per cui la Vergine era ancora più santamente e meravigliosamente cara a suo marito consiste nel fatto che anche senza l’intervento del marito essa divenne feconda, superiore a lui per il Figlio, pari nella fedeltà.
Dalla purezza e dalla carità dell’amore coniuguale, scaturisce allora la fedeltà. Infatti a motivo dell’amore fedele, Maria e Giuseppe possono essere chiamati i genitori di Cristo. In particolare Giuseppe era sposo e padre nello spirito, non nella carne.
I beni del matrimonio per Agostino sono tre: la prole, la fedeltà e il sacramento (indissolubilità). Egli sostiene che anche senza prole, quindi senza l’unione sessuale, può esserci un vero matrimonio, purché ci siano la fides, la fedeltà reciproca e l’indissolubilità. Nel matrimonio di Maria e Giuseppe, troviamo tutti e tre questi beni: la prole in Gesù, la fedeltà perché non ci fu mai un adulterio e il sacramento perché fino alla fine sono rimasti insieme.
Vorrei spendere qualche parola in più sulla fedeltà. Siamo partiti dal presupposto che la carità all’interno della coppia produce la fedeltà, ma ritengo che sia importante pensare alla fedeltà non solo come una mancanza di adulterio, ma soprattutto come “appartenenza”. Prendiamo il simbolo della fede nuziale che normalmente esprime la fedeltà tra gli sposi, ma allargando la visuale, questo simbolo richiama proprio un “appartenere” all’altro, nel senso che la vita dell’uno è ormai immersa completamente nella vita dell’altra e se allarghiamo l’esempio all’anello episcopale, possiamo dire che in quell’anello c’è tutta l’immagine di un “pastore” che appartiene completamente alla sua chiesa e questa gli appartiene radicalmente e per essa il vescovo è disposto a dare la vita.
La conclusione di queste riflessioni è che non è sufficiente non tradire fisicamente per affermare di essere fedeli; la fedeltà è un valore di un’ampiezza maggiore. Si può tradire il proprio partner tutte le volte che non c’è un’esperienza di concordia, di armonia e di carità. Può essere considerato tradimento tutte le ferite che vengono provocate nel partner attraverso le parole, la poca considerazione, il non desiderare la sua felicità, la propria crescita e il non accettarlo/a per quello che è e per i cambiamenti che nel corso degli anni possono avvenire per le diverse esperienze vissute.
Il pensare solo al tradimento fisico, è una visione riduttiva dell’amore coniugale; riflettere invece sulla fedeltà come frutto della carità, richiama infiniti aspetti del cuore della persona, primo tra tutti il desiderio di dare la propria vita per la persona amata e in questo senso possiamo comprendere le parole del rito del matrimonio: Io… accolgo te… come mia/o sposa/o. Con la grazia di Cristo prometto di esserti fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di amarti ed onorarti tutti i giorni della mia vita.