Il Cardinale Betori ha incontrato ieri il Santo Padre a Roma, proprio dopo il gesto con il quale Papa Francesco ha invocato la grazia e la protezione alla Vergine Maria su Roma, l’Italia ed il mondo intero nella chiesa di San Marcello al Corso, il cui titolo cardinalizio è proprio quello del nostro Arcivescovo.
Condividiamo con voi le belle parole del nostro Cardinale.
Carissimi fratelli preti,
vi scrivo non appena tornato da Roma, dove a fine mattinata ho
avuto la gioia di essere ricevuto in udienza privata da Papa Francesco, così che questa nuova lettera non vi porta soltanto il mio incoraggiamento ma anzitutto quello del Papa.
L’incontro con lui è avvenuto all’indomani del gesto che egli ha compiuto nel pomeriggio di ieri. Papa Francesco ha voluto invocare la grazia salvifica del Signore Gesù e la protezione della Vergine Maria su Roma, l’Italia e il mondo, in questo tempo di pandemia, in due luoghi particolarmente cari alla religiosità dei romani: la basilica di Santa Maria Maggiore, dove si venera l’immagine di Maria “Salus Populi Romani”, e la chiesa di San Marcello al Corso, dove si venera il Crocifisso miracoloso che pose fine alla peste del 1522. Ho detto grazie al Papa per aver scelto la chiesa di San Marcello, affidata ai Servi di Maria, e mi sono detto particolarmente unito a lui in quanto si tratta del mio Titolo cardinalizio. Ho imparato anch’io a venerare il Crocifisso di San Marcello, “miracoloso” anzitutto perché scampato all’incendio che distrusse la chiesa nel 1519 (il 14 settembre scorso ho presieduto la celebrazione che faceva memoria dei cinquecento anni di quell’evento prodigioso). Con i nostri cari Servi ci prepariamo ora a ricordare fra due anni un altro cinquecentenario legato al Crocifisso: per la preghiera dei romani rivolta al Crocifisso di San Marcello cessò la peste che nel 1522 infuriava sulla città. So che ciascuno di noi, le nostre comunità, l’umanità intera erano nel cuore del Papa pellegrino verso San Marcello, lungo la via del Corso, e poi inginocchiato di fronte al Crocifisso. Il Signore ascolti le preghiere sue e nostre!
Al Papa ho avuto modo anche di segnalare alcuni aspetti della vita della nostra diocesi, ricevendone incoraggiamento. Egli ha manifestato il suo convinto consenso alla decisione, presa come episcopato toscano, di continuare a tenere aperte le nostre chiese, con le dovute attenzioni igienico-sanitarie, perché, pur non potendo essere luoghi di assemblea liturgica continuino a offrire accoglienza alle persone che singolarmente vogliano andarvi a pregare o a svolgere quelle forme di vita sacramentale che hanno modalità di esercizio individuale, come Confessioni e Comunioni private, anche in questo caso con le necessarie precauzioni per non favorire il diffondersi del virus, cosa che peraltro chiede anzitutto di rimanere per quanto possibile in casa per la preghiera personale. Il segno di una chiesa aperta indica che la vita della Chiesa, pur privata di alcune sue espressioni fondamentali, non è però spenta nella sua sostanza. Ne è segno soprattutto la celebrazione quotidiana della Messa “senza popolo” ma certamente per il popolo, come vogliamo continuare a segnalare con il suono delle campane, con le stesse modalità dei giorni in cui le attuali limitazioni non erano in vigore. Il Papa si è rallegrato del permanere della celebrazione dell’Eucaristia nella vita della nostra Chiesa e del suono delle campane a ricordarlo. Un particolare plauso ha poi rivolto a voi preti quando gli ho accennato al fatto che i tempi difficili non hanno rallentato l’impegno pastorale, ma ne hanno provocato la creatività in tante forme di contatto con la gente sostenute dai nuovi mezzi di comunicazione: nuovi modi con cui i preti mostrano di stare come pastori accanto al loro gregge.
Al Papa ho potuto esporre anche come cerchiamo di corrispondere al suo invito a rileggere l’ Evangelii gaudium e il suo discorso del 1O novembre 2015 al Convegno della Chiesa italiana a Firenze, attraverso il nostro “Cammino sinodale”, iniziato nel marzo 2017 e ora giunto alla sua seconda fase. Papa Francesco si è mostrato molto grato anche per questa iniziativa, certo che quanto stiamo facendo aiuterà la crescita delle nostre comunità conformi al cuore di Cristo, seguendo le indicazioni del suo magistero.
Ancora, ho potuto parlare a Papa Francesco dell’impegno della nostra Chiesa fiorentina nell’ambito del dialogo interreligioso, che negli ultimi mesi ci ha visto dedicati in specie sul versante islamico-cristiano, dando prosecuzione tra noi alla strada aperta dal Papa con la firma del Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune da lui firmato il 4 febbraio dello scorso anno ad Abu Dhabi insieme al Grande Imam di Al-Azhar. Ho potuto ricordare al Papa come questo nostro impegno si ponga sulla scia di quanto prefigurato dal ven. Giorgio La Pira con il suo ripetuto appello al dialogo tra le religioni abramitiche.
Al ricordo di Giorgio La Pira ho poi aggiunto al Papa quello degli altri recenti venerabili fiorentini, ringraziandolo per questo riconoscimento che egli ha approvato oltre che per il prof. Giorgio La Pira, anche per il card. Elia Dalla Costa, don Olinto Fedi e don Giulio Facibeni. Avendogli mostrato la Lettera pasquale alle famiglie di quest’anno, ha espresso il suo plauso per quanto stiamo facendo per diffondere la conoscenza di questi modelli di vita cristiana.
L’incontro si è concluso con la richiesta di Papa Francesco che io portassi ai preti e alla gente di Firenze il suo incoraggiamento e la sua benedizione.
Sono lieto di condividere con voi questi sentimenti. Di unità, nella Chiesa e con il Papa, abbiamo sempre bisogno, in particolare in questi giorni di sofferenza. Al Papa ho assicurato la nostra piena fedeltà e la convinta adesione al suo magistero. Questo ci illumini e ci orienti anche quando ci troviamo a dover attuare scelte difficili, ma che sappiamo essere per il bene comune, che è il principio regolatore supremo della vita civile. Quanto alla vita religiosa, seppure soffre limitazioni in alcune sue espressioni, sappiamo però che non è mai posta in crisi nei suoi fondamenti, che è la grazia, la misericordia di Dio, le cui strade non possono mai essere interrotte. Lo dobbiamo ribadire a noi stessi e ai nostri fedeli mentre ci awiciniamo alla Pasqua, le cui celebrazioni dovranno verosimilmente subire anch’esse limitazioni, come lo stesso Santo Padre ha annunciato per quelle che lo coinvolgono in prima persona. Noi per ora non sappiamo cosa e come potremo fare. Vi prego di non anticipare alcuna decisione, in attesa di avere dalla C.E.I. un indirizzo unitario per vivere anche quei giorni nella comunione delle Chiese in Italia. Intanto esortiamo noi stessi e il nostro popolo a preparare, con le rinunce richieste dai tempi, il nostro spirito alla gioia pasquale.
Con affetto
Giuseppe Card. Betori
Firenze, 16 marzo 2020